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Chiarimenti forniti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro in merito alla prassi – ritenuta illegittima – dell’erogazione mensile del
Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in busta paga, al di fuori delle specifiche previsioni di legge.

QUADRO NORMATIVO

L’art. 2120 del Codice Civile disciplina il TFR come una somma da accantonare e corrispondere al termine del rapporto di lavoro, salvo alcune ipotesi tassative di anticipazione (es. spese sanitarie, acquisto prima casa, ecc) con altrettante specifiche regole per l’erogazione anticipata.

Tale disciplina era stata temporaneamente derogata dalla L. 190/2014, che aveva introdotto un regime sperimentale per l’erogazione mensile in busta paga del TFR, limitato al periodo 1° marzo 2015 – 30 giugno 2018.

POSIZIONE DELL’ISPETTORATO

Fuori da questo regime e in assenza di specifici accordi collettivi o individuali (che tuttavia possono solo prevedere l’anticipazione dell’importo maturato e non un’erogazione mensile automatica), l’erogazione mensile del TFR:

  • Non costituisce una legittima anticipazione del TFR, ma una maggiorazione retributiva;
  • È quindi soggetta a contribuzione previdenziale e non esonera dall’obbligo di accantonamento del TFR;
  • Non è conforme alla finalità del TFR, che è quella di fornire un sostegno economico al termine del rapporto di lavoro.

Per le aziende con più di 50 dipendenti, si ricorda l’obbligo di versamento della quota di TFR al Fondo di Tesoreria INPS, che ha natura di gestione previdenziale obbligatoria e soggiace al principio di indisponibilità delle somme versate.

IMPLICAZIONI

In caso di verifiche, il personale ispettivo potrà intimare al datore di lavoro l’accantonamento delle somme indebitamente erogate, mediante l’adozione di un provvedimento di disposizione ex art. 14 D.Lgs. 124/2004.

📌 L’erogazione mensile del TFR, pur essendo condizione di miglior favore, non si può tramutare automaticamente nell’erogazione in busta paga del rateo mensile.